Il blocco

L’idea di non farcela è destabilizzante. La vivo abbastanza spesso da quando io e lo Zar ci siamo lasciati, mi sembra che mi manchi un pezzo dell’ingranaggio. È una sensazione falsa, me ne rendo conto razionalmente, NOI DONNE INDIPENDENTI BASTIAMO A NOI STESSE, ma non è questa la mia percezione emotiva. Mi aspettano viaggi ed esperienze che non so se reggo da sola.

Ieri ci siamo rivisti per un evento di rievocazione, abbiamo riso e giocato come ci riusciva bene anche prima. Solo che adesso è tutto più strano, opaco e amaro. Il mio lavoro procede bene, la mia vita pure, c’è qualcosa che non gira e non so cos’è.

Spegni sto c***o di cervello

È il libro che ho sulla scrivania in questo momento. Vorrei davvero esserne in grado. La mia testa corre alla velocità della luce e mi propone scenari sempre peggiori. Nicola, lo Zar, ha deciso che fosse giusto pensare al suo benessere prima di me, è ciò che ho cercato di dirgli anche io in questi mesi, ma adesso pare che lo abbia realmente realizzato. Mi ha chiesto di prendersi ciò che è suo da casa mia, di fare un mezzo trasloco verso quella che era la nostra futura casa e portare lì le sue cose per ricominciare. Non vi nascondo che questo mi ha ulteriormente buttata a terra. Fino a questa richiesta mi sembrava tutto ancora sospeso, da decidere, adesso no. Dove io cerco legami, lui trova muri, ai miei ponti risponde con diniego e sì, sono stata io ad allontanarlo dicendogli che avevo bisogno di ritrovare me stessa, un equilibrio e un po’ di autonomia, ma non mi aspettavo di provocargli tutto questo dolore.

Odio far soffrire le persone. Più che soffrire in prima persona. Perché quando sto male io, so che è passeggero e per quanto sia profondo e devastante (e lo è), arriva sempre il giorno dopo la notte. Magari è un giorno di merda, ma comunque arriva. Con lui, con gli altri non lo so. Vorrei poterlo sollevare dalle paure delle ipocondrie, dai dolori e dai MIEI sbalzi d’umore e dalle ossessioni delle sue manie, ma non vuole. Non vuole più. Vuole farcela da solo, come volevo anche io e spero davvero che ci riesca, perché ne ha bisogno. Ne aveva bisogno da tempo e per il suo bene è giusto che ci provi, anche da solo.

Egoisticamente vorrei che in parte fallisse. Che mi dicesse VALE, DA SOLO NON CE LA FACCIO, HO BISOGNO DI TE. Egoisticamente sarebbe un grosso errore, perché sarebbe una necessità e non un desiderio. “Voglio sentirmi voluto, non necessario” mi ha detto. È giusto, sa sempre dire e fare la cosa giusta, lui. Eppure ho questa ansietta che mi fa accelerare i battiti, come sull’orlo del precipizio.

Non potevamo continuare come stavamo facendo. Ero un cumulo di macerie, l’ho detto anche a lui. Avevo i nervi a pezzi, non riuscivo a stare bene neanche quando eravamo da soli, allontanarci era la cosa giusta, non credo di aver sbagliato a farlo, però io ora sto meglio e non avrei voluto far collassare lui, che invece è stato sempre la colonna portante del nostro rapporto e della mia sanità mentale. E voi mi direte: “Ma la tua sanità mentale non può dipendere da un’altra persona, devi trovarla da sola o con uno psicoterapeuta”. È giusto. Solo che io e lui siamo stati l’uno per l’altra quando il mondo si spaccava in due, ci siamo stretti le mani davanti ai palazzi che venivano giù e abbiamo trovato la forza di resistere l’uno nell’altra. Non si può dimenticare. Non si può decidere che non sia importante. Non si può smettere di pensare che in due avremmo affrontato a testa basta ogni avversità.

Mi sono ritirata. L’ho lasciato solo nella tempesta e non me lo ha perdonato. E ora è giusto che si ricostruisca da solo, senza di me.

Devo solo fare i conti con la sua assenza. E provare a spegnere sto cazzo di cervello.

Centrifuga

I vestiti in lavatrice durante la centrifuga: ecco la metafora per la mia testa in questo momento.

Siamo alle porte di Dicembre, speravo di non arrivarci quest’anno, speravo di continuare a surfare su un’estate che vorrei potesse non finire mai sciudai sciudai. Invece eccomi qua, coi cocci della mia sanità mentale a cercare in ogni modo di far combaciare i bordi distrutti. Sono in un turbine di emotività mista a rabbia e distruzione, vorrei davvero riuscire a essere cosciente di ciò che succede e a prendere in mano la mia vita, ma non sono in grado. Sono stanca. Ho camminato per mesi interi con questo macigno fatto di aspettative, ansie e rotture di coglioni sulla schiena, tanto che Atlante mi ha visto e mi ha fatto: “Oh, vuoi una mano?”.

Ho un pc nuovo, ma non sto scrivendo. Ho venduto tutto l’oro che avevo e che non utilizzavo e l’ho trasformato in un portatile Dell super potente. Mi serviva? Ni, in realtà il mio stava iniziando a perdere colpi quindi mi serviva non rimanere col culo per terra. Vorrei scrivere, far uscire tutto, ma so che se togliessi il tappo, come di solito faccio, in uno spazio come questo, farei male a chi tengo e non voglio. Mi sto privando, potrei trovare un altro spazio, potrei prendere un foglio bianco, ma non mi va. Preferisco sospirare e lasciar perdere.

Aspetto che la lavatrice finisca di girare per stendermi.