Redial

Ormai dovrei pensare di costruire un altare per celebrare la mia mano destra. Nel giro di due anni le ho chiesto dei sacrifici assurdi, l’ultimo proprio in questo periodo, fare il lavoro anche della sinistra, in vacanza forzata fino a dicembre.

Ovviamente che cosa fa Valérie quando è stressata? Scrive. E come scrive? Con carta e penna in modo da poter sfruttare tutte le potenzialità della destra imparate in prima elementare? No, al pc. Vaffanculo.

A breve, se la mano me lo consente, uscirà un racconto in tre parti dei miei, zozzi e perversi come mai prima d’ora. Diamo il via a questa ricomposizione. E confidiamo nel karma.

Sento il vento

Il silenzio. Quasi irreale, spinto a fatica nel mezzogiorno assolato di fine agosto. Sento il vento, una forchetta che cade da un tavolo in un appartamento vicino. Riesco a percepire il suono del tabacco che brucia tra le dita. Mentre aspiro guardo le cicatrici sul braccio sinistro. È qualche anno che sono li. È qualche anno che hanno smesso di sanguinare. Un’auto in lontananza accompagna a casa i bambini di ritorno dal mare. Il paese ormai vuoto segna il passo tra le vecchie memorie e i nuovi ricordi da portare alla luce tra qualche tempo. Respiro. Non è una brutta vita. Non deve esserlo per forza. Mi presto a questo lento e fumoso suicidio dell’anima per evitare nuovi solchi, nuove cicatrici. Qualcuno sta cucinando qualcosa di appetitoso, l’odore mi investe facendomi pensare ai mille pranzi e cene e nottate che ho perso per questo inutile senso di colpa. Non sono abbastanza, non sono mai stata abbastanza. Una nuvola passa e oscura il sole. Mi sento quella nuvola? Mi sento il sole? No, non mi sento. Non mi ascolto. Non piú. Non da quando ascoltarmi ha cominciato a farmi male.

Sento il vento. Mi resta la consapevolezza di aver ricominciato a sentire. E per ora basta cosí.

Mi sento aria

Devi comprimerti, essere alla mercè delle sollecitazioni, sotto vuoto, in apnea, ricevere le botte più tremende, le umiliazioni più profonde, le sofferenze più atroci, farti stringere il collo e infiammare la pelle, spingerti al limite dell’incoscienza, farti spingere alla più totale disperazione, essere costretta a dimenticarti chi sei, cosa sei. Con la faccia sporca, il trucco sciolto, gli occhi vuoti, il corpo finito, riaprirai gli occhi e nel buio della profondità di te stessa ritroverai la vita. Inerte, sul pavimento, le lacrime sul viso e le mani tremanti, sarai aria.

Come eri. Come sarai ancora. Leggera.