Super omnia insomnia

Mi sono rotta.

Non nel senso che mi sono scocciata, nel senso che si è proprio inceppato qualche meccanismo, qualche ingranaggio ha smesso di funzionare. Sicuramente quello di regolazione dei ritmi sonno-veglia è andato a fanculo, non ci sono dubbi. Poi si è scassato quello dell’autonomia decisionale, grazie al quale sono puntuale, precisa e soddisfatta di fare tutto nei tempi, perché vivo in un costante ritardo. Sicuramente si è fottuto anche quello che regola la libido, che di sti tempi pure le lavalamp hanno un che di eccitante; quasi certamente quello che regola l’intensità degli affetti, delle emozioni positive e negative. In particolare: amo eccessivamente e odio ai limiti dell’omicidio. Cosa sta succedendo?

In primis, mi sto dedicando a me stessa, soprattutto dal punto di vista del benessere fisico. Sto facendo esercizio ogni giorno per due ore e, pur non avendo perso nemmeno un grammo in 10 giorni, mi sento bene e quindi continuo; in secondo luogo, sto analizzando i rapporti che ho e li sto vedendo illuminati da una luce diversa. Alcune di queste nuove prospettive mi stanno arricchendo, dandomi anche delle ottime sensazioni, altre stanno mostrando tutta la polvere nascosta sotto il tappeto, al punto da provocare uno shock anafilattico relazionale. Andiamo con ordine. Ho fatto una call su Instagram (successivamente anche su Facebook con zero risultati) per destinatari di lettere: PAROLE SCRITTE AD UN DESTINATARIO ANDATO VIA PRIMA DI AVERLE RICEVUTE. Volevo scrivere e volevo smettere di parlare da sola come faccio sul blog o su Word (a proposito, ho ripreso a scrivere, ma ne parliamo dopo). Insomma, alcune di queste lettere hanno avuto risposta, inutile dire che tutte mi hanno arricchita e fatto provare mille cose diverse. Ho deciso di prendere le parti che mi sono piaciute di più e metterle un po’ alla rinfusa qui di seguito. E già così fanno il loro effetto.

Per quanto assurdo possa essere, la mia vita non è cambiata per nulla, LOL. Non sperimento quella sensazione di claustrofobia di cui si lamentano tutti, o dalla quale vogliono evadere, la vita dei topi di biblioteca, o dei nerd è così. Indipendentemente dalle vittime che sta facendo questa guerra, dalla malattia e tutto il resto, che sono cose che affrontiamo sempre, i nostri sistemi immunitari sono continuamente in lotta contro qualcosa, a volte ce ne accorgiamo, a volte no, stiamo riscoprendo l’umanità e l’empatia che in tanti, se non in tutti, era andata perduta. Grazie Vale, ti voglio un bene immenso. Alla fine la vita è troppo breve per tenersi tutto per sé. Non vedo l’ora di passare altro tempo con te, soprattutto dal vivo perché mi annoia parlare solo sui social e spero di rivederti al più presto. Voglio solo questo: la tua felicità. E soprattutto quel sorriso a 32 denti che tanto ti caratterizza. Ti ringrazio per avermi scritto questa lettera, dalla quale traspare tutta la dolcezza e l’umanità che ti hanno sempre contraddistinto. Dove sono le gif dei gattini commossi quando servono? Di nuovo, grazie. Ti conosco da un po’ e, pur non frequentandoti, sono certa di poter dire che sei una ragazza come poche, sempre pronta ascoltare gli altri ed aiutarli nel momento del bisogno. Comunque ho apprezzato tantissimo la tua lettera, mi stavo emozionando. Sei una delle poche candele che devo mantenere accese per illuminare la mia strada ed evitare nel buio. Che ne dici se, quando tutto sarà finito, andassimo a farci una bella serata di karaoke insieme? Ti abbraccio forte forte!

I Destinatari

Si tratta di studenti, liberi professionisti, a lavoro e in quarantena, tutt*, ognuno a proprio modo coinvolti in questo esperimento. Hanno preso cinque minuti della loro giornata e l’hanno dedicata a rispondere alle mie parole. Bello, no? Mi sono sentita considerata e alcune lettere mi hanno fatta piangere quando le ho scritte e quando ho letto le risposte. Voi direte: “Che novità, tu piangi sempre!”. E avete anche ragione, ma stavolta ho dei motivi validi.

Tra i punti positivi c’è la cura dei rapporti un po’ zoppicanti, quelle amicizie che non consideri proprio all’ordine del giorno, quelli che non contatti subito se ti serve una mano, ma magari ti ci vai a prendere una birra di martedì sera. Ho smussato delle spigolature e trovato nuovi punti in comune con chi proprio non mi aspettavo. Ho passato la notte a cazzeggiare al telefono con il Bender di sempre, ritornando indietro di sei anni, perdonandogli di essere stato “Bender, compagno di bevute e storico assente nei momenti salienti della mia vita”. Ci siamo riacchiappati, come si dice in gergo, e sembra che possa andare bene. Passo spesso pomeriggi a chiacchierare con Miriam, anche lei in isolamento e con la passione per il fitness, e sto iniziando a conoscerla meglio. Poi c’è Antonio, il mio “soulbro”, tra meme e canzoni di Elio e le Storie Tese, trova sempre il modo di sdrammatizzare, nonostante la situazione sia dura per tutti. Proprio lui è stato l’eletto al quale ho fatto leggere il mio nuovo “progetto letterario” (che detta così pare una cosa tanto seria, in realtà non lo è). Mi ha dato dei consigli per renderlo meno caotico, vista la vastità di vicende trattate e li ho seguiti. È la redazione delle mie memorie prima che dimentichi definitivamente tutto quello che è successo prima della scorsa settimana (l’età avanza).

Arriviamo quindi lentamente ai lati negativi. Non dormo più. O meglio, dormo a caso, in momenti decisi dal caso. Non sono stanca, non si spegne il cervello. Adesso che sono le 3 potrei guardare tranquillamente un Signore degli Anelli senza sbadigliare. Non bevo caffè, non assumo sostanze, non fumo, non bevo, il mio corpo non è un tempio, ma la sede per le riunioni degli Alcolisti Anonimi. Davide mi manda continuamente video informativi sulle direttive nazionali o idioti con canzoncine rifatte e non so come dirgli che non mi fanno ridere, gli voglio bene e anche lui è in isolamento. Qualcuno ti contatta solo per il proprio tornaconto, millantando idiozie su idiozie, altra gente è completamente sparita a farsi i cazzi suoi, parenti, amici, PUF! Completamente assenti. Sono amareggiata soprattutto dal fatto che questi rapporti tenderanno inesorabilmente a spegnersi, perché se non ci sei nel momento del bisogno, che cazzo ci sei a fare quando le cose vanno bene?

Quindi sta venendo fuori un po’ la natura delle persone, buona o cattiva che sia. La mia, per quanto cinica e menefreghista, si è rivelata essere più sensibile di quel che mi aspettassi. Chissà che non impari davvero qualcosa stavolta.

Madame Ginseng

Ho in testa delle cose da scrivere da almeno una settimana, non sto trovando il tempo di farlo. Vorrei parlare di tre persone che negli ultimi tempi mi sono state particolarmente vicine e vorrei dare loro il giusto peso.

Ho conosciuto un ragazzo, Antonio, il visconte dimezzato. È capitato per caso, io che non aggiungo le persone a buffo sui social, sono stata ispirata dal suo profilo Instagram pieno di citazioni cinefile, e dall’amicizia in comune con Asia. Mi son detta “Sarà una persona interessante, vediamo.”. Così è stato. Dapprima con un po’ di imbarazzo, poi con più sicurezza ho iniziato a scrivergli (notando con piacere la sua competenza grammaticale – non c’è nulla da ridere, non è così scontato) e piano piano abbiamo iniziato a sentirci con più frequenza. Non ci siamo incontrati, quando succederà ci faremo un selfie e lo metterò sotto questo post. Ciò che apprezzo di questo rapporto è la totale tranquillità con la quale riesco a scrivere a lui e a non provocare danni irreparabili alla mia relazione. Lo zar è una persona molto matura e Antonio ha il massimo rispetto della nostra storia e del ruolo che ha nella mia vita. È un rapporto trasparente, limpido, senza omissioni. Mi rende tranquilla e senza preoccupazioni. Questo perché è il ruolo che dovrebbero ricoprire gli amici nel mio mondo. Mi spiego meglio.

Se io e te siamo amici, non significa che qualsiasi cosa io dica, tu debba essere d’accordo con me. Se siamo amici, non devi neanche pensare di mettermela nel culo ogni volta che mi giro dall’altro lato. Se siamo amici e ci teniamo alla nostra amicizia, ci sentiamo, non aspetti che sia io a contattarti, e io non aspetto che sia tu. Ci sentiamo quando ci va, spesso, meno spesso, ma ci sentiamo. Se siamo amici, questo sempre nel mio mondo magico, una persona che ti ha fatto del male non è mia amica, anzi. Se la incontro la investo. Se io e te siamo amici e ti dico che ho fatto qualcosa di sbagliato, tu, che sei mio amico, mi dici che è sbagliato. Me lo fai capire, io prima ci rimango male, poi ci penso e ti do ragione. Se siamo amici, la colpa non è sempre degli altri. Se siamo amici non ci provi con me quando il mio ragazzo non guarda. Se siamo amici, e dico amici davvero, non servono regali a dimostrarmi quanto siamo amici. Basta il pensiero. Se io e te siamo amici, parli con me. Non con mia madre. Non con altri miei amici. Non con te stesso. Parli con me, e se qualcosa non va, mi mandi a cacare. E non siamo più amici.

Poi c’è Melissa. Quella piccola forza della natura. È uno scricciolo di un metro e quaranta con la forza di un elefante e il cuore di cioccolato e panna. Ci siamo incontrate/scontrate durante Garanzia Giovani, inizialmente con una bruttissima impressione reciproca (come accade nelle migliori storie d’amore) e successivamente siamo diventate complici. Dico complici e non amiche perché non tutte le amiche sono complici. Con lei si è creato qualcosa di bello, di semplice, di elementare e facile. Lei ha bisogno di un abbraccio e io mi trovo per caso a passare per la strada in cui sta avendo una crisi di nervi. E piange più di me, quindi mille punti a Grifondoro.

E infine, dulcis in fundo, c’è quel maledetto Spagnolo. Lo chiamavano Puta Mierda. È arrivato qui e non capiva neanche una parola di quello che stavo dicendo ed ora coniuga il congiuntivo meglio di molti miei connazionali (merito di un’insegnante eccellente, ovviamente). Mancano veramente pochi giorni al suo ritorno a Leòn e già sto pensando a quando andare a trovarlo. Ci siamo confrontati su migliaia di cose, abbiamo lavorato, abbiamo viaggiato insieme, abbiamo riso fino alle lacrime, gli ho anche tagliato il capelli un giorno, abbiamo giocato con i bambini e abbiamo fatto le capre impaurite. Non so come e quanto potrà durare questa amicizia, eppure ogni volta che sentirò un pezzo di Soler (per la sua gioia) non potrò non pensare a lui. È stato un piacere condividere con te un pezzo di strada, Àlvaro. Buena suerte!

Ah, il titolo è dovuto al fatto che senza il Ginseng, neanche stamattina sarei riuscita a cominciare questo articolo, sicché…

9 ottobre 2019 – Il suo compleanno, il sushi e il lungomare. Selfie pubblicato, come promesso.