Glocale

Oggi Elio Biffi dei Pinguini Tattici Nucleari ha suonato una canzone che gli avevo richiesto: MIA DOLCE RIVOLUZIONARIA dei Modena City Ramblers. Il pezzo parla di sovversività, di reazionismo e mi piace molto, la sua interpretazione poi è stata molto molto carina, ma non è di questo che voglio parlare. Al mio esame di Pedagogia del Ciclo di Vita, quello che mi ha permesso formalmente di potermi tatuare, c’è stata una esagerata botta di culo su un concetto che accomuna la materia ai MCR: GLOCALE. Il concetto si esprime come slogan anche nella canzone e in numerosi scritti di economia, sociologia e pedagogia e si riassume con PENSARE GLOBALE, AGIRE LOCALE. Questo concetto a primo impatto potrebbe sembrare un qualcosa di puramente aziendalistico, pensare in grande per migliorare il prodotto e in effetti calza benissimo; tuttavia, si adatta perfettamente al momento storico che stiamo vivendo. Pensare globale vuol dire non porre limiti alle proprie potenzialità e all’effetto che si può scatenare su grande scala, domande tipo COME POSSO CAMBIARE IL MONDO? ne sono un esempio. In questo momento la domanda del pensiero globale può tradursi in COME POSSO FERMARE IL VIRUS? ed è questa la cosa essenziale. Perché al pensiero globale non frega un cazzo se io e il mio fidanzato non ci vediamo da un mese, se non vado a far visita a mia nonna o se non ho un cane da far pisciare in giro. Il pensiero GLOBALE è un pensiero che comprende anche queste problematiche, ma a un livello più alto, cioè: per poter fare tutto questo il tuo ragazzo, tua nonna e il cane devono essere VIVI. Vi dirò di più, il pensiero globale comprende anche i vivi che vorrebbero far visita ai morti, visto che è stato impedito loro di celebrare una funzione religiosa per salutarli un’ultima volta. Ma io, che sono una stupida stronza, come posso fare tutto questo per un PROBLEMA GLOBALE? Mica ho dei superpoteri o la cura per il virus? Il mio agnosticismo mi impedisce di affidarmi a qualche sorta di divinità e delegare il problema ad alte sfere, quindi arriviamo al secondo concetto: AGIRE LOCALE. Agire locale significa che agisco con piccoli, minuscoli gesti e sacrifici che, porca puttana, visti tutti insieme e da lontano possono essere un piccolo led nel buio di un tunnel del quale non riusciamo ancora a vedere l’uscita. Mi chiudo in casa, non rompo il cazzo al prossimo, cerco il mio equilibrio e contribuisco a risolvere il problema. Per far si che ciò funzioni, però, visto che non tutti siamo così ILLUMINATI da capire che l’unico modo di SCONFIGGERE il problema è EVITARE di incorrerci, c’è bisogno di un organo di controllo, quindi ci sono le sanzioni, i posti di blocco, i controlli e le autocertificazioni.

“Sono andato a correre e per fortuna non mi hanno fermato, ho fatto 12 km!”. E sei un coglione.

“Sono passato a trovare mia zia che non la vedevo da tanto tempo, poi dopo sono andato in farmacia, ma mi sono dimenticato di comprare il ketchup, dopo esco e vado a prenderlo”. E sei un coglione.

“Sono uscito con il figlio della signora di fronte solo per prendere un po’ d’aria”. E sei un coglione.

“Sto a casa, ma nel weekend vado alla casa al mare, tanto se mi fermano posso dire che quello è il mio domicilio”. E SEI DOPPIAMENTE UN COGLIONE.

I criteri di riferimento non sono HO FATTO FESSO IL POLIZIOTTO. Perché il poliziotto magari è pure contento di non fermarti, dato che potresti essere contagioso. Il criterio deve essere EVITO DI ANDARMENE IN GIRO A CAZZO perché non vorrei trovarmi tra qualche mese a dire NON POSSO FAR VISITA A MIA ZIA, A MIA MADRE, AL PRETE, ALLA SORELLA DELLA FIGLIA DELLA CUGINA DI QUARTO GRADO PERCHÈ SONO TUTTI MORTI.

Pensare Globale, Agire Locale. È semplice.

Super omnia insomnia

Mi sono rotta.

Non nel senso che mi sono scocciata, nel senso che si è proprio inceppato qualche meccanismo, qualche ingranaggio ha smesso di funzionare. Sicuramente quello di regolazione dei ritmi sonno-veglia è andato a fanculo, non ci sono dubbi. Poi si è scassato quello dell’autonomia decisionale, grazie al quale sono puntuale, precisa e soddisfatta di fare tutto nei tempi, perché vivo in un costante ritardo. Sicuramente si è fottuto anche quello che regola la libido, che di sti tempi pure le lavalamp hanno un che di eccitante; quasi certamente quello che regola l’intensità degli affetti, delle emozioni positive e negative. In particolare: amo eccessivamente e odio ai limiti dell’omicidio. Cosa sta succedendo?

In primis, mi sto dedicando a me stessa, soprattutto dal punto di vista del benessere fisico. Sto facendo esercizio ogni giorno per due ore e, pur non avendo perso nemmeno un grammo in 10 giorni, mi sento bene e quindi continuo; in secondo luogo, sto analizzando i rapporti che ho e li sto vedendo illuminati da una luce diversa. Alcune di queste nuove prospettive mi stanno arricchendo, dandomi anche delle ottime sensazioni, altre stanno mostrando tutta la polvere nascosta sotto il tappeto, al punto da provocare uno shock anafilattico relazionale. Andiamo con ordine. Ho fatto una call su Instagram (successivamente anche su Facebook con zero risultati) per destinatari di lettere: PAROLE SCRITTE AD UN DESTINATARIO ANDATO VIA PRIMA DI AVERLE RICEVUTE. Volevo scrivere e volevo smettere di parlare da sola come faccio sul blog o su Word (a proposito, ho ripreso a scrivere, ma ne parliamo dopo). Insomma, alcune di queste lettere hanno avuto risposta, inutile dire che tutte mi hanno arricchita e fatto provare mille cose diverse. Ho deciso di prendere le parti che mi sono piaciute di più e metterle un po’ alla rinfusa qui di seguito. E già così fanno il loro effetto.

Per quanto assurdo possa essere, la mia vita non è cambiata per nulla, LOL. Non sperimento quella sensazione di claustrofobia di cui si lamentano tutti, o dalla quale vogliono evadere, la vita dei topi di biblioteca, o dei nerd è così. Indipendentemente dalle vittime che sta facendo questa guerra, dalla malattia e tutto il resto, che sono cose che affrontiamo sempre, i nostri sistemi immunitari sono continuamente in lotta contro qualcosa, a volte ce ne accorgiamo, a volte no, stiamo riscoprendo l’umanità e l’empatia che in tanti, se non in tutti, era andata perduta. Grazie Vale, ti voglio un bene immenso. Alla fine la vita è troppo breve per tenersi tutto per sé. Non vedo l’ora di passare altro tempo con te, soprattutto dal vivo perché mi annoia parlare solo sui social e spero di rivederti al più presto. Voglio solo questo: la tua felicità. E soprattutto quel sorriso a 32 denti che tanto ti caratterizza. Ti ringrazio per avermi scritto questa lettera, dalla quale traspare tutta la dolcezza e l’umanità che ti hanno sempre contraddistinto. Dove sono le gif dei gattini commossi quando servono? Di nuovo, grazie. Ti conosco da un po’ e, pur non frequentandoti, sono certa di poter dire che sei una ragazza come poche, sempre pronta ascoltare gli altri ed aiutarli nel momento del bisogno. Comunque ho apprezzato tantissimo la tua lettera, mi stavo emozionando. Sei una delle poche candele che devo mantenere accese per illuminare la mia strada ed evitare nel buio. Che ne dici se, quando tutto sarà finito, andassimo a farci una bella serata di karaoke insieme? Ti abbraccio forte forte!

I Destinatari

Si tratta di studenti, liberi professionisti, a lavoro e in quarantena, tutt*, ognuno a proprio modo coinvolti in questo esperimento. Hanno preso cinque minuti della loro giornata e l’hanno dedicata a rispondere alle mie parole. Bello, no? Mi sono sentita considerata e alcune lettere mi hanno fatta piangere quando le ho scritte e quando ho letto le risposte. Voi direte: “Che novità, tu piangi sempre!”. E avete anche ragione, ma stavolta ho dei motivi validi.

Tra i punti positivi c’è la cura dei rapporti un po’ zoppicanti, quelle amicizie che non consideri proprio all’ordine del giorno, quelli che non contatti subito se ti serve una mano, ma magari ti ci vai a prendere una birra di martedì sera. Ho smussato delle spigolature e trovato nuovi punti in comune con chi proprio non mi aspettavo. Ho passato la notte a cazzeggiare al telefono con il Bender di sempre, ritornando indietro di sei anni, perdonandogli di essere stato “Bender, compagno di bevute e storico assente nei momenti salienti della mia vita”. Ci siamo riacchiappati, come si dice in gergo, e sembra che possa andare bene. Passo spesso pomeriggi a chiacchierare con Miriam, anche lei in isolamento e con la passione per il fitness, e sto iniziando a conoscerla meglio. Poi c’è Antonio, il mio “soulbro”, tra meme e canzoni di Elio e le Storie Tese, trova sempre il modo di sdrammatizzare, nonostante la situazione sia dura per tutti. Proprio lui è stato l’eletto al quale ho fatto leggere il mio nuovo “progetto letterario” (che detta così pare una cosa tanto seria, in realtà non lo è). Mi ha dato dei consigli per renderlo meno caotico, vista la vastità di vicende trattate e li ho seguiti. È la redazione delle mie memorie prima che dimentichi definitivamente tutto quello che è successo prima della scorsa settimana (l’età avanza).

Arriviamo quindi lentamente ai lati negativi. Non dormo più. O meglio, dormo a caso, in momenti decisi dal caso. Non sono stanca, non si spegne il cervello. Adesso che sono le 3 potrei guardare tranquillamente un Signore degli Anelli senza sbadigliare. Non bevo caffè, non assumo sostanze, non fumo, non bevo, il mio corpo non è un tempio, ma la sede per le riunioni degli Alcolisti Anonimi. Davide mi manda continuamente video informativi sulle direttive nazionali o idioti con canzoncine rifatte e non so come dirgli che non mi fanno ridere, gli voglio bene e anche lui è in isolamento. Qualcuno ti contatta solo per il proprio tornaconto, millantando idiozie su idiozie, altra gente è completamente sparita a farsi i cazzi suoi, parenti, amici, PUF! Completamente assenti. Sono amareggiata soprattutto dal fatto che questi rapporti tenderanno inesorabilmente a spegnersi, perché se non ci sei nel momento del bisogno, che cazzo ci sei a fare quando le cose vanno bene?

Quindi sta venendo fuori un po’ la natura delle persone, buona o cattiva che sia. La mia, per quanto cinica e menefreghista, si è rivelata essere più sensibile di quel che mi aspettassi. Chissà che non impari davvero qualcosa stavolta.

Affetti sovversivi – Quando amarsi va contro i decreti

Siamo soli, costantemente, su questo pianeta ormai alla deriva. Ghiacciai sciolti, foreste in fiamme, orsi polari denutriti, virus longevi e cambiamenti climatici più lunatici di me con le mestruazioni. Siamo soli e coltiviamo la nostra solitudine attraverso questi mezzi, proprio quello che stai usando per leggere queste parole. Fino al mese scorso si viaggiava in metropolitana a testa bassa, occhi fissi sullo schermo, facendo a malapena attenzione ad azzeccare la fermata a cui scendere. Ci hanno provato a dircelo, a farci capire che la vita scorre lontano dai pixel illuminati, lontano dalle chat, dai messaggi, dalle foto profilo e dalle stories, ma niente, non ci abbiamo voluto fare caso. Così è arrivato il riscatto del karma, un messaggio di epidemia che corre su telegiornali e social network, passando per le scuole e le università, che ci obbliga tutti a stare lontani, più soli, più rinchiusi nelle nostre rispettive bolle a un metro di distanza dal resto del mondo. Così finisce che non ci si prende per mano, non ci si sussurrano parole all’orecchio, si smette anche di guardare il telefono, perché la preoccupazione sovrasta ogni altro sentimento. L’epidemia c’è, esiste, è reale, ma allontanarci, perderci nei nostri pensieri e paranoie ci farà ammalare più di quanto stia facendo il COVID-19.

Mi sento sovversiva. Anarchica. Voglio superare quel metro e abbracciare, stringere, baciare e accarezzare chi ho nel cuore. E il virus si fotta. Vivere o morire. Perché quello che ci stanno facendo passare come prevenzione di certo non è vivere.