Brividi spiacevoli

Vi capita mai di ripensare a situazioni passate e di farvi prendere da quel sentimento misto tra pena e vergogna per le persone con le quali avete condiviso il vostro tempo?

A me è appena successo. Di solito associo questa brutta sensazione a Gennaro “Troglos”, la relazione della quale più mi vergogno di tutta la mia vita, tuttavia stavolta non è stato merito suo. Sto scrivendo le mie memorie (per la cronaca, sono a pagina 37) zompettando qua e là nel tempo e stanotte prima di chiudere e andare a dormire (o almeno provarci), volevo controllare dove fossi arrivata, quale fosse l’ultimo avvenimento trattato. Ho riletto le ultime cinque righe, quelle che parlano di G. Ho ripensato all’inutilità di quella relazione, alla totale inappetenza sessuale che era in grado di fornirmi, al suo abbigliamento anziano, alle sue movenze impacciate e goffe. Mi è partito un brivido dalla fine della schiena su fino al collo e ho solo pensato: “Ma come diamine ho fatto?!”.

Zero nostalgia, solo molto disprezzo per me stessa.

Super omnia insomnia

Mi sono rotta.

Non nel senso che mi sono scocciata, nel senso che si è proprio inceppato qualche meccanismo, qualche ingranaggio ha smesso di funzionare. Sicuramente quello di regolazione dei ritmi sonno-veglia è andato a fanculo, non ci sono dubbi. Poi si è scassato quello dell’autonomia decisionale, grazie al quale sono puntuale, precisa e soddisfatta di fare tutto nei tempi, perché vivo in un costante ritardo. Sicuramente si è fottuto anche quello che regola la libido, che di sti tempi pure le lavalamp hanno un che di eccitante; quasi certamente quello che regola l’intensità degli affetti, delle emozioni positive e negative. In particolare: amo eccessivamente e odio ai limiti dell’omicidio. Cosa sta succedendo?

In primis, mi sto dedicando a me stessa, soprattutto dal punto di vista del benessere fisico. Sto facendo esercizio ogni giorno per due ore e, pur non avendo perso nemmeno un grammo in 10 giorni, mi sento bene e quindi continuo; in secondo luogo, sto analizzando i rapporti che ho e li sto vedendo illuminati da una luce diversa. Alcune di queste nuove prospettive mi stanno arricchendo, dandomi anche delle ottime sensazioni, altre stanno mostrando tutta la polvere nascosta sotto il tappeto, al punto da provocare uno shock anafilattico relazionale. Andiamo con ordine. Ho fatto una call su Instagram (successivamente anche su Facebook con zero risultati) per destinatari di lettere: PAROLE SCRITTE AD UN DESTINATARIO ANDATO VIA PRIMA DI AVERLE RICEVUTE. Volevo scrivere e volevo smettere di parlare da sola come faccio sul blog o su Word (a proposito, ho ripreso a scrivere, ma ne parliamo dopo). Insomma, alcune di queste lettere hanno avuto risposta, inutile dire che tutte mi hanno arricchita e fatto provare mille cose diverse. Ho deciso di prendere le parti che mi sono piaciute di più e metterle un po’ alla rinfusa qui di seguito. E già così fanno il loro effetto.

Per quanto assurdo possa essere, la mia vita non è cambiata per nulla, LOL. Non sperimento quella sensazione di claustrofobia di cui si lamentano tutti, o dalla quale vogliono evadere, la vita dei topi di biblioteca, o dei nerd è così. Indipendentemente dalle vittime che sta facendo questa guerra, dalla malattia e tutto il resto, che sono cose che affrontiamo sempre, i nostri sistemi immunitari sono continuamente in lotta contro qualcosa, a volte ce ne accorgiamo, a volte no, stiamo riscoprendo l’umanità e l’empatia che in tanti, se non in tutti, era andata perduta. Grazie Vale, ti voglio un bene immenso. Alla fine la vita è troppo breve per tenersi tutto per sé. Non vedo l’ora di passare altro tempo con te, soprattutto dal vivo perché mi annoia parlare solo sui social e spero di rivederti al più presto. Voglio solo questo: la tua felicità. E soprattutto quel sorriso a 32 denti che tanto ti caratterizza. Ti ringrazio per avermi scritto questa lettera, dalla quale traspare tutta la dolcezza e l’umanità che ti hanno sempre contraddistinto. Dove sono le gif dei gattini commossi quando servono? Di nuovo, grazie. Ti conosco da un po’ e, pur non frequentandoti, sono certa di poter dire che sei una ragazza come poche, sempre pronta ascoltare gli altri ed aiutarli nel momento del bisogno. Comunque ho apprezzato tantissimo la tua lettera, mi stavo emozionando. Sei una delle poche candele che devo mantenere accese per illuminare la mia strada ed evitare nel buio. Che ne dici se, quando tutto sarà finito, andassimo a farci una bella serata di karaoke insieme? Ti abbraccio forte forte!

I Destinatari

Si tratta di studenti, liberi professionisti, a lavoro e in quarantena, tutt*, ognuno a proprio modo coinvolti in questo esperimento. Hanno preso cinque minuti della loro giornata e l’hanno dedicata a rispondere alle mie parole. Bello, no? Mi sono sentita considerata e alcune lettere mi hanno fatta piangere quando le ho scritte e quando ho letto le risposte. Voi direte: “Che novità, tu piangi sempre!”. E avete anche ragione, ma stavolta ho dei motivi validi.

Tra i punti positivi c’è la cura dei rapporti un po’ zoppicanti, quelle amicizie che non consideri proprio all’ordine del giorno, quelli che non contatti subito se ti serve una mano, ma magari ti ci vai a prendere una birra di martedì sera. Ho smussato delle spigolature e trovato nuovi punti in comune con chi proprio non mi aspettavo. Ho passato la notte a cazzeggiare al telefono con il Bender di sempre, ritornando indietro di sei anni, perdonandogli di essere stato “Bender, compagno di bevute e storico assente nei momenti salienti della mia vita”. Ci siamo riacchiappati, come si dice in gergo, e sembra che possa andare bene. Passo spesso pomeriggi a chiacchierare con Miriam, anche lei in isolamento e con la passione per il fitness, e sto iniziando a conoscerla meglio. Poi c’è Antonio, il mio “soulbro”, tra meme e canzoni di Elio e le Storie Tese, trova sempre il modo di sdrammatizzare, nonostante la situazione sia dura per tutti. Proprio lui è stato l’eletto al quale ho fatto leggere il mio nuovo “progetto letterario” (che detta così pare una cosa tanto seria, in realtà non lo è). Mi ha dato dei consigli per renderlo meno caotico, vista la vastità di vicende trattate e li ho seguiti. È la redazione delle mie memorie prima che dimentichi definitivamente tutto quello che è successo prima della scorsa settimana (l’età avanza).

Arriviamo quindi lentamente ai lati negativi. Non dormo più. O meglio, dormo a caso, in momenti decisi dal caso. Non sono stanca, non si spegne il cervello. Adesso che sono le 3 potrei guardare tranquillamente un Signore degli Anelli senza sbadigliare. Non bevo caffè, non assumo sostanze, non fumo, non bevo, il mio corpo non è un tempio, ma la sede per le riunioni degli Alcolisti Anonimi. Davide mi manda continuamente video informativi sulle direttive nazionali o idioti con canzoncine rifatte e non so come dirgli che non mi fanno ridere, gli voglio bene e anche lui è in isolamento. Qualcuno ti contatta solo per il proprio tornaconto, millantando idiozie su idiozie, altra gente è completamente sparita a farsi i cazzi suoi, parenti, amici, PUF! Completamente assenti. Sono amareggiata soprattutto dal fatto che questi rapporti tenderanno inesorabilmente a spegnersi, perché se non ci sei nel momento del bisogno, che cazzo ci sei a fare quando le cose vanno bene?

Quindi sta venendo fuori un po’ la natura delle persone, buona o cattiva che sia. La mia, per quanto cinica e menefreghista, si è rivelata essere più sensibile di quel che mi aspettassi. Chissà che non impari davvero qualcosa stavolta.

Citazioni che hanno rotto

Fai un lavoro che ti piace e non lavorerai per un solo giorno nella tua vita. E non riceverai un adeguato stipendio per il resto della tua vita. E forse non ce l’avrai nemmeno, una vita. Confucio, hai rotto il cazzo. Ho preparato un pre-test per la figura di Social Media Manager all’interno di un’agenzia pubblicitaria. Ho risplenduto (perché secondo me si dice risplenduto) e mi sono data da fare per rispondere a tutti i quesiti. Roberto mi dice che dovrei mettermi a scrivere progetti, ho la qualifica per farlo e una buona mano, le idee e le nozioni. Manca la voglia, lo stimolo. Mi piace scrivere, ho recuperato una buona mobilità alla mano sinistra e, anche se non totalmente, riesco a seguire le idee nel loro flusso. Ci sto provando, a darmi delle alternative. E il tirocinio no, e il Cedils no, e l’animazione no, e il doposcuola no, sto di nuovo dov’ero l’anno scorso di questi tempi. C’è la rievocazione, che mi porta in giro per il sud Italia a fare la greca o la bizantina, c’è una difficoltà di fondo nel fare cose semplici con un polso che ancora non risponde totalmente ai miei comandi, c’è la voglia di camminare a piedi per sfogare i nervi, provare a stare in forma, ci sono delle giacche (quanto amo le giacche) che non mi entrano più perché sono ingrassata in posti incredibili, c’è tanta ansia, tanto nervosismo che non riesco a scaricare, perché in casa si è elettrici, mi rispondono male e io mi incazzo. Stiamo provando a vendere casa di mio nonno, al quale non sono particolarmente legata per svariati motivi, e questo è motivo di tensione. Succede che l’atteggiamento di mio padre mi dia ai nervi. Quando c’era mio nonno tendeva a scansare la sua compagnia come uno sciatore in uno slalom gigante, perché pieno di pregiudizi, perché non aveva mai una parola buona per nessuno, perché era sempre pronto a farti sentire una merda in ogni momento della giornata. Non riesco a trovare un ricordo piacevole di mio nonno, non ce la faccio. Ha lasciato la mia tesi di laurea, macchiata di vino, sul tavolo del ristorante durante la mia festa. Mi ha fatto pesare che non mangiassi in maniera adeguata, che dovessi mangiare di più o di meno a seconda di come gli giravano, senza che nessuno lo interpellasse. Mi ha accusata di avergli rubato i libri, i miei libri, nella mia libreria, perché lui aveva perso le sue copie (sepolte sotto chissà quali cartoni di quaderni, libri scolastici e pagelle anteguerra). Ha avuto un atteggiamento acido, infimo, di sfida, da quando l’ho conosciuto a quando gli ho detto addio e anche in quel momento non è riuscito a donarmi di riflesso neanche un briciolo di compassione. Mi ha giudicata male, per i ragazzi che frequentavo, per gli amici che avevo, per i capelli che portavo. Sono l’unica discendente del cognome di famiglia, eppure niente mi lega a lui più di un qualsiasi altro anziano scorbutico che pretende il mio posto sull’autobus. E mio padre lo sapeva, perché anche con lui è sempre stato duro, aspro. Ora che non c’è più è diventato BUONANIMA, MIO PADRE ERA SAGGIO, MIO PADRE MI DICEVA QUESTO, pur avendo rifuggito ogni contatto quando era in vita. Per chi mi legge da un po’ è chiaro il motivo per cui mi girano fortissimo le palle, tipo pale del ventilatore: l’incoerenza. La morte non rende le persone migliori di ciò che fossero in vita. Daniele per me è stato un grande amico, ma ha fatto delle stronzate degne di nota che il fatto che non ci sia più non ha cancellato. Per me, nel mosaico che ho costruito idealmente del rapporto con lui, ci sono delle tessere luminose e piene di vita e altre scure, taglienti, che mal si incastrano con tutte le altre, ma senza le quali il quadro non sarebbe completo.

Sono veramente stanca di non poter urlare. Non so quanto ancora potrò resistere prima di esplodere.