Occhi rossi

Appena tornata da un fine settimana di paura e delirio a Frosinone – Caserta – Napoli.

Occhi rossi perché è quello che ho adesso, la stanchezza, il magone, il cuore pieno di conferme e piccoli fili di ragnatela che possono tagliare il marmo. Al centro ci sono io. Tutto attorno si diramano genti, persone, contatti che sembrano lontani, irraggiungibili, ma che in una serata, davanti a un film, una birra o uno spritz riescono a tornare splendidamente iridescenti.

Il mio podcast preferito:

Armando mi ha spaccato in due. Rifare le scale di casa sua, tornare in una stanza vecchia ma nuova, con nuove foto e vecchie frasi sul muro, spacchettare biscotti della fortuna e fare gli scemi come qualche anno fa, dove in un weekend si ritrovava la forza di affrontare le successive tre settimane di lavoro.

Il mio Montelago:

Beppo è stato una sorpresa. È venuto da Roma solo per partecipare al mio momento di gloria, per farmi sentire meno sola, per fare comunità come davanti a un fuoco e a una pentola di cipolle tra le tende sotto le stelle.

Il mio peggior miglior ex:

Davide mi ha riportato ai fasti di una preadolescenza dove bastavano i piccoli gesti a sentirsi amati. Abbiamo riso come scemi per tre ore parlando ininterrottamente di tutto, come se il tempo non fosse mai passato, come se gli avessi detto al citofono: “Oh, scendi, giochiamo a ventuno!”.

La mia guida spirituale:

Gabriella beccata al volo mentre diligentemente, come sempre, porta a termine ciò che ha cominciato. Ancora una volta a parlare di quanto sia assurdo stare lontane, ancora un abbraccio per non lasciarci andare via, ancora un nuovo appuntamento, per rivedersi, per riprendersi.

La mia co-pilota:

Graziana. Che dire? Prendiamo e partiamo. Un viaggio lungo tre giorni, nessuna e dico nessuna occasione di scazzo, sempre in ascolto, sempre pronta a tendere la mano, a mettere un pezzo per pogare in macchina, a imparare lingue nuove, ad assaggiare sapori esotici, a lasciarsi trascinare in serate improvvisate con sigarette senza tabacco, pizze e birre senza glutine, ricordi senza pietà e risate senza senso. Ci siamo riunite senza esserci mai allontanate, abbiamo vissuto un viaggio lungo una vita, raccontata a episodi nel corso di varie tratte, tra agguati di donne armate di spazzolone per i vetri e truffe semilegali di fantomatici B&B. Siamo tornate tutte intere. Sopravvissute, stanche e sorridenti.

E ora sono qui, con la mia playlist da attacco di panico a rimettere in ordine foto, ricordi e idee. Domani si torna alla vita reale e, credetemi, non sono pronta. Vorrei ritornare sull’autostrada, verso una nuova meta, con la voglia di esplorare, un’amica con cui condividere il viaggio e una frittata di maccheroni per ingannare l’appetito.

“È stata dura tornare a casa.”

“Nel senso di tornare a Caserta o tornare a Conversano?”

“Sì.”

La mia gente

Mi manca la mia gente. Quelli che capiscono il mio modo di scherzare, quelli che ridono alle battute idiote o alle citazioni di Aldo, Giovanni e Giacomo, quelli che sanno prendersi poco sul serio. Non che non mi trovi bene con gli amici che ho attualmente, sono tutti super fighi, pieni di risorse e di premure, ma non sono la mia gente. Parlo di Sara, Davide, Bender, la Gang di Casagiove. Mi manca poter prendermi un po’ di spazio nel mio dialetto, smadonnare ad alta voce per il gusto di tirare fuori un po’ di rabbia, fottermene del mondo attorno e ridere a gran voce. Mi manca un po’ quella casa, quel piccolo mondo. Mi manca un po’ quella tranquillità apparente. Mi manca sentirmi capita, ma per davvero, non solo per compassione. Sto ascoltando tanto, troppo, non sento più la mia voce. Mi piacerebbe potermi esprimere meglio, più attentamente, ma non ci riesco. Mi manca la mia gente, e pare che nessuno abbia voglia di sentirlo.

Super omnia insomnia

Mi sono rotta.

Non nel senso che mi sono scocciata, nel senso che si è proprio inceppato qualche meccanismo, qualche ingranaggio ha smesso di funzionare. Sicuramente quello di regolazione dei ritmi sonno-veglia è andato a fanculo, non ci sono dubbi. Poi si è scassato quello dell’autonomia decisionale, grazie al quale sono puntuale, precisa e soddisfatta di fare tutto nei tempi, perché vivo in un costante ritardo. Sicuramente si è fottuto anche quello che regola la libido, che di sti tempi pure le lavalamp hanno un che di eccitante; quasi certamente quello che regola l’intensità degli affetti, delle emozioni positive e negative. In particolare: amo eccessivamente e odio ai limiti dell’omicidio. Cosa sta succedendo?

In primis, mi sto dedicando a me stessa, soprattutto dal punto di vista del benessere fisico. Sto facendo esercizio ogni giorno per due ore e, pur non avendo perso nemmeno un grammo in 10 giorni, mi sento bene e quindi continuo; in secondo luogo, sto analizzando i rapporti che ho e li sto vedendo illuminati da una luce diversa. Alcune di queste nuove prospettive mi stanno arricchendo, dandomi anche delle ottime sensazioni, altre stanno mostrando tutta la polvere nascosta sotto il tappeto, al punto da provocare uno shock anafilattico relazionale. Andiamo con ordine. Ho fatto una call su Instagram (successivamente anche su Facebook con zero risultati) per destinatari di lettere: PAROLE SCRITTE AD UN DESTINATARIO ANDATO VIA PRIMA DI AVERLE RICEVUTE. Volevo scrivere e volevo smettere di parlare da sola come faccio sul blog o su Word (a proposito, ho ripreso a scrivere, ma ne parliamo dopo). Insomma, alcune di queste lettere hanno avuto risposta, inutile dire che tutte mi hanno arricchita e fatto provare mille cose diverse. Ho deciso di prendere le parti che mi sono piaciute di più e metterle un po’ alla rinfusa qui di seguito. E già così fanno il loro effetto.

Per quanto assurdo possa essere, la mia vita non è cambiata per nulla, LOL. Non sperimento quella sensazione di claustrofobia di cui si lamentano tutti, o dalla quale vogliono evadere, la vita dei topi di biblioteca, o dei nerd è così. Indipendentemente dalle vittime che sta facendo questa guerra, dalla malattia e tutto il resto, che sono cose che affrontiamo sempre, i nostri sistemi immunitari sono continuamente in lotta contro qualcosa, a volte ce ne accorgiamo, a volte no, stiamo riscoprendo l’umanità e l’empatia che in tanti, se non in tutti, era andata perduta. Grazie Vale, ti voglio un bene immenso. Alla fine la vita è troppo breve per tenersi tutto per sé. Non vedo l’ora di passare altro tempo con te, soprattutto dal vivo perché mi annoia parlare solo sui social e spero di rivederti al più presto. Voglio solo questo: la tua felicità. E soprattutto quel sorriso a 32 denti che tanto ti caratterizza. Ti ringrazio per avermi scritto questa lettera, dalla quale traspare tutta la dolcezza e l’umanità che ti hanno sempre contraddistinto. Dove sono le gif dei gattini commossi quando servono? Di nuovo, grazie. Ti conosco da un po’ e, pur non frequentandoti, sono certa di poter dire che sei una ragazza come poche, sempre pronta ascoltare gli altri ed aiutarli nel momento del bisogno. Comunque ho apprezzato tantissimo la tua lettera, mi stavo emozionando. Sei una delle poche candele che devo mantenere accese per illuminare la mia strada ed evitare nel buio. Che ne dici se, quando tutto sarà finito, andassimo a farci una bella serata di karaoke insieme? Ti abbraccio forte forte!

I Destinatari

Si tratta di studenti, liberi professionisti, a lavoro e in quarantena, tutt*, ognuno a proprio modo coinvolti in questo esperimento. Hanno preso cinque minuti della loro giornata e l’hanno dedicata a rispondere alle mie parole. Bello, no? Mi sono sentita considerata e alcune lettere mi hanno fatta piangere quando le ho scritte e quando ho letto le risposte. Voi direte: “Che novità, tu piangi sempre!”. E avete anche ragione, ma stavolta ho dei motivi validi.

Tra i punti positivi c’è la cura dei rapporti un po’ zoppicanti, quelle amicizie che non consideri proprio all’ordine del giorno, quelli che non contatti subito se ti serve una mano, ma magari ti ci vai a prendere una birra di martedì sera. Ho smussato delle spigolature e trovato nuovi punti in comune con chi proprio non mi aspettavo. Ho passato la notte a cazzeggiare al telefono con il Bender di sempre, ritornando indietro di sei anni, perdonandogli di essere stato “Bender, compagno di bevute e storico assente nei momenti salienti della mia vita”. Ci siamo riacchiappati, come si dice in gergo, e sembra che possa andare bene. Passo spesso pomeriggi a chiacchierare con Miriam, anche lei in isolamento e con la passione per il fitness, e sto iniziando a conoscerla meglio. Poi c’è Antonio, il mio “soulbro”, tra meme e canzoni di Elio e le Storie Tese, trova sempre il modo di sdrammatizzare, nonostante la situazione sia dura per tutti. Proprio lui è stato l’eletto al quale ho fatto leggere il mio nuovo “progetto letterario” (che detta così pare una cosa tanto seria, in realtà non lo è). Mi ha dato dei consigli per renderlo meno caotico, vista la vastità di vicende trattate e li ho seguiti. È la redazione delle mie memorie prima che dimentichi definitivamente tutto quello che è successo prima della scorsa settimana (l’età avanza).

Arriviamo quindi lentamente ai lati negativi. Non dormo più. O meglio, dormo a caso, in momenti decisi dal caso. Non sono stanca, non si spegne il cervello. Adesso che sono le 3 potrei guardare tranquillamente un Signore degli Anelli senza sbadigliare. Non bevo caffè, non assumo sostanze, non fumo, non bevo, il mio corpo non è un tempio, ma la sede per le riunioni degli Alcolisti Anonimi. Davide mi manda continuamente video informativi sulle direttive nazionali o idioti con canzoncine rifatte e non so come dirgli che non mi fanno ridere, gli voglio bene e anche lui è in isolamento. Qualcuno ti contatta solo per il proprio tornaconto, millantando idiozie su idiozie, altra gente è completamente sparita a farsi i cazzi suoi, parenti, amici, PUF! Completamente assenti. Sono amareggiata soprattutto dal fatto che questi rapporti tenderanno inesorabilmente a spegnersi, perché se non ci sei nel momento del bisogno, che cazzo ci sei a fare quando le cose vanno bene?

Quindi sta venendo fuori un po’ la natura delle persone, buona o cattiva che sia. La mia, per quanto cinica e menefreghista, si è rivelata essere più sensibile di quel che mi aspettassi. Chissà che non impari davvero qualcosa stavolta.